Linda, suo marito, la sua figliastra lesbica ed io

Linda, suo marito, la sua figliastra lesbica ed io
Il primo incontro l’ho avuto con Linda. Solo io e lei. Ci siamo incontrati per un aperitivo, abbiamo deciso che ci piacevamo, e siamo andati in motel, dove sostanzialmente ci siamo leccati i genitali e infilato dita nel culo a vicenda per circa tre ore e mezza. I nostri accordi non prevedevano penetrazione, solo dita e bocca: le sono bastati, evidentemente, perché è venuta un numero imprecisato di volte, non le ho contate. A volte mi chiedeva di smettere di leccarla per un po’, perché era diventata ipersensibile e sentiva il solletico. Giocavo col suo culo per un po’, con la lingua e con le dita, mentre lei mi leccava tutto il leccabile tra osso sacro e pube, e nel giro di qualche secondo quella tornava a schiacciarmi contro la faccia con le gambe spalancate, bagnandomi il naso e il mento. Quello era il segnale, potevo riprendere a leccarla sino al successivo orgasmo, il solletico era passato. Era tornata la fame.

Lei aveva 52 anni, ben portati, un matrimonio alle spalle e un secondo matrimonio con un uomo quindici anni più grande di lei. Io ne avevo 40, portati come me li porto, e mia moglie era via per lavoro. Amo mia moglie, ma ho bisogno di sentire il sapore della figa di un’altra, di tanto in tanto. Quindi mi ero organizzato per tempo, per quell’incontro. Non ho una particolare passione per le cinquantenni, ma Linda era l’unica, fra le sei donne che avevano risposto alla mia inserzione su di un fottuto sito a pagamento, a non chiedere soldi o “regali”, e dalle foto sembrava essere in splendida forma, quindi ho deciso di provare ad incontrarla. E mi ha conquistato, durante quell’incontro. Conquistato al punto che ad un certo punto ho deciso che sì, avevo voglia di leccare il buco del culo di quella donna, e avevo voglia di leccarlo subito. Che donna, gente. Fisico asciutto e tonico, direi più tonico del mio. Un sedere sodo e ben disegnato. Denti curati. Qualche ruga attorno agli occhi azzurri, labbra carnose tirate spesso in un sorriso obliquo, a sottolineare una qualche osservazione tagliente. Colta e spiritosa, capace di parlare di sesso senza usare eufemismi, con disinvoltura, e riuscendo a non risultare volgare nel farlo. Il che non è facile, quando sei in un locale pieno di gente a portata d’orecchio.
La sua storia poteva sembrare semplice: suo marito col sesso aveva chiuso. Via la prostata, fine della potenza sessuale, rifiuto, fine della vita sessuale della coppia. Lui non sapeva che lei cercava attenzioni altrove. Lei pensava che se lui fosse mai venuto a saperlo ne sarebbe stato umiliato. Ma lei ne aveva ancora bisogno, ne aveva ancora voglia. Internet aiuta, mi aveva detto: guardami qui, a parlare di sesso orale con un uomo dodici anni più giovane di me.

Tra un orgasmo e l’altro, Linda riprendeva fiato prendendosi in bocca il mio fidato soldatino semplice, leccandomi i testicoli e infilandomi la lingua nel sedere. La sua lingua si dedicava al mio buco del culo mentre mi masturbava lentamente con la mano destra. Poi tornava a mettermi il suo buco del culo sul naso e la sua figa in bocca, e ripartiva per farsi un altro giro. Ogni tanto mi succhiava, ogni tanto gemeva a basta. Ogni tanto si guardava allo specchio mentre me lo succhiava. Giocava coi testicoli. Mi infilava un dito nel culo, e io le infilavo un pollice nel suo. Poi veniva a gran voce, tanto la stanza era insonorizzata (bene, mi aveva detto quando le avevo letto dal cellulare la descrizione del motel, mi piacciono le stanze insonorizzate: mi piace gridare), spruzzandomi qualche gocciolina sul petto. Mi riprendeva il cazzo in bocca, e si ricominciava.

Io avevo ascoltato la tragica storia del marito prostatectomizzato, e avevo cominciato a sentirmi un verme nei confronti di quell’uomo.
Ma io una donna così continuerei a leccarla anche da impotente, avevo pensato.
Una donna così *merita* di essere leccata, checcazzo.
Amico prostatectomizzato, mi spiace, ma io a questo punto mi lecco tua moglie, e me la lecco senza sensi di colpa. Se tu gliela avessi leccata lei non sarebbe qui per farsela leccare da me. Hai le tue colpe, bello mio, prostata o non prostata. Ti avranno levato chirurgicamente la prostata, ma lingua e dita ti sono rimaste, no? Usale, allora. Oppure non ti prendere male se su tua moglie finisco per usarle io. Oh. Avevo la coscienza a posto, a quel punto. E’ importante, avere la coscienza a posto. Eh? Mia moglie? Lo so, che si scopa il suo collega. Francamente non m’importa. Anche qui, coscienza a posto.
“Ho finito per crearmi questo alibi mentale”, mi ha detto lei alla fine di quel racconto. “In qualche modo mi sono convinta che se mi limito alle mani e alla lingua non lo sto tradendo. Ho sempre fatto così, e questo evidentemente alla mia coscienza è sufficiente”.
Io ho sorriso, un po’ sornione. “Ho sempre fatto così, hai detto. Sempre da quando? Sempre da prima dell’intervento alla prostata di tuo marito”?
Lei ha spalancato gli occhi e ha bevuto un sorso di negroni. “Chi sei, Sherlock Holmes?”
“Sgamata”.
“Ma tu guarda che tipo!”, ha detto, e poi è scoppiata a ridere. “Sì, sono quindici anni che ho questo tipo di scambio con una persona”.
“Una donna”, ho detto io.
Lei ha spalancato ancora gli occhi.
“Hai detto una persona, se si fosse trattato di un uomo avresti usato un qualcosa declinato al maschile”, le ho detto io.
“Devo stare attenta a quel che dico”, ha detto lei tirando un sorriso obliquo.
“No, è che mi piace fare il cagacazzi”, ho detto io. “Quindi sono dieci anni che non-tradisci tuo marito con una donna. Bene. Quindici anni, direi che si tratta di uno… come l’hai chiamato, prima? Scambio? Sì, direi che si tratta di una relazione di scambio piuttosto lunga”. Ho ridacchiato, ha ridacchiato.
“La situazione è più complessa”, mi ha detto lei.
“Sherlock si arrende”, ho detto io alzando le mani.
“Dai, provaci”, mi ha detto lei.
“Rinuncio”, ho ribadito io. “Più complessa del fatto che nascondi da quindici anni a tuo marito una relazione con un’altra donna? Impossibile”. Lei ha riso.
“Quella donna è la figlia di mio marito”, mi ha detto.
“No”, ho detto io.
“Sì”, ha detto lei.

Linda era accovacciata sul letto, guardando il proprio sedere spalancato riflesso nello specchio. I motel hanno specchi ovunque. Il gioco di specchi spesso è tale da permetterti di guardarti da sei punti di vista diversi mentre lecchi il buco del culo di una sconosciuta. Lì lo specchio principale era largo quanto tutta la parete al lato del letto. Uno era appeso al soffitto, e alzando gli occhi potevo avere la visone di me stesso mentre infilavo la lingua a stiletto nel sedere teso e umido di Linda, mentre facevo scorrere la lingua tra le sue natiche o le tiracchiavo con i denti le grandi labbra. Tolta la lingua da dentro il suo culo, atto accompagnato da un allegro rumore di risucchio, le avevo infilato il pollice della mano destra nel sedere, con le altre dita aperte sopra il sacro a cercare l’appoggio per la spinta ritmica del pollice. Il pollice della mano sinistra era affondato nella sua vagina lubrificata e tumida, la clitoride che scivolava lungo il mio indice mentre il polpastrello del pollice la accarezzava da dentro. La stimolazione anale le piaceva, le piaceva molto. La vagina e l’ano invischiati di lubrificante alla fragola schioccavano e producevano rumori umidi mentre le mie dita facevano il loro altalenante, sapiente lavoro. Quando veniva si lasciava andare con la faccia sul letto, ansimante, e io mi inginocchiavo dietro di lei, a leccarle il culo, sprofondando con la lingua dentro di lei, un mix di fragola e buco di culo che mi spalmavo in faccia mentre la mia lingua viaggiava da dentro la sua figa a dentro il suo culo e ritorno. Lei fremeva, gemendo ad alta voce, priva di ogni freno inibitorio, e le sue chiappe plastiche e sode sobbalzavano tremolanti ad ogni affondo di lingua, il suo ano si stringeva attorno alla mia lingua con un ritmo via via più frenetico, richiamando in gioco ancora una volta le mie dita. Sono sicuro che se le avessi puntato il pisello contro il buco del culo, a quel punto, si sarebbe lasciata penetrare. Ma non era negli accordi, giusto? L’accordo era leccarla, e ero lì per leccare. E usare le dita, e le stavo usando.

“Lei ha quasi quarant’anni, adesso. Quando le cose sono cominciate ne aveva venticinque. Usciva con un ragazzo, ma lui era un cretino. Siete sempre, cretini, almeno sino ad una certa età”. Avevo annuito, aveva ragione. “Mio marito era sempre fuori casa per lavoro, c’erano periodi in cui era a casa non più di un paio di week end al mese, e io e sua figlia abbiamo cominciato a passare parecchio tempo insieme. Non abbiamo mai avuto un rapporto simile a quello che si può instaurare tra una figliastra ed una matrigna. Quando ci siamo conosciute lei era già grande, sua madre era già morta da anni. Direi che siamo diventate amiche. Amiche sempre più strette. Finché… beh, una volta io stavo facendo la doccia. Lei è entrata in bagno per parlarmi, come faceva spesso, ma ad un certo punto si è spogliata e si è buttata sotto la doccia assieme a me. Non ho ben capito che cosa stesse succedendo sino a quando lei non si è inginocchiata e non ha cominciato a leccarmela”. Sbuffa. Ride. “Ce la siamo leccata a vicenda per tutta la notte, ci credi?”
“Assolutamente”, dico io. “E a proposito: ritengo sia doveroso informarti che ho un’erezione, in questo momento. Ma poi continuare il racconto, se vuoi”.
“Grazie”, ha sorriso lei. “E’ stata la mia prima volta con una donna. Mi sono ritrovata a godere del profumo della figa di un’altra, e non credevo sinceramente che mi sarebbe mai capitato. Non ci avevo davvero mai pensato. Oh, affondare la faccia dentro di lei e ingoiarne gli umori mi ha reso selvaggiamente eccitata. Venivo a ripetizione mentre mi leccava tra le gambe e mi penetrava con le dita. L’esperienza di sesso più coinvolgente della mia intera esistenza, davvero, mai provato niente di nemmeno paragonabile con un uomo, senza offesa. Lei è rimasta l’unica, donna. Una donna che viveva con suo padre e con la matrigna di lei, una donna che ad un certo punto ha smesso di frequentare uomini, e che faceva sesso solo quasi esclusivamente con me, solo quando mio marito non c’era”.
“E ora gli equilibri si sono rotti. Tuo marito non è più in giro per lavoro, e voi due avete perso gli spazi che vi eravate create nel corso di quindici anni di vita simil-coniugale”.
“Torna fuori Sherlock?”
“Ci ho preso?”
“Ci hai preso”.
Silenzio. Poi le ho chiesto ancora di parlarmi del sapore della vagina della figlia di suo marito, per favore.
Lei ha riso. “Rita”, mi ha detto, “si chiama Rita, e la sua figa sa di miele e di ferro, ed ha il più buon profumo di donna che tu possa immaginare”.

Dopo tre ore e mezza di gioco ininterrotto Linda era appagata e stanca. Chiazze rosse le spiccavano ai lati del collo e sul petto, tra i seni. Era madida di sudore, e i capelli le si erano appiccicati alla fronte. Il trucco era sbavato, il mascara le imbrattava le palpebre. Era venuta un’ultima volta nella mia bocca, si era liberata lentamente del mio pollice dentro il suo culo e mi aveva preso in mano il pisello. “Direi che adesso tocca a te, te lo meriti”, mi ha detto.
Mi ha fatto sdraiare supino sul letto, mi ha ribaltato le caviglie sopra la testa, si è accovacciata sul mio sedere spalancato e ha cominciato a leccarmi facendo degli ampi movimenti circolari con la testa. Calcava con la lingua quando mi passava sul buco del culo, e intanto mi masturbava lentamente usando la mano destra. Ogni tanto mollava il culo e si infilava il pisello in bocca. Poi tornava ai testicoli. Quindi ancora al culo. Poi nel, culo, con la lingua, a lungo. Quindi mi ha infilato due dita nel culo, e quasi non me ne sono accorto, anche perché la sua bocca che si chiudeva sul mio glande marmoreo e violaceo mi aveva distratto. Quando ha cominciato a muovere le dita dentro di me, massaggiando la prostata con i polpastrelli, ho capito che avevo a che fare con una che ci sapeva fare, ci sapeva fare parecchio. Torniamo alla prostata, già. E’ questo, quello che le manca, quello che cerca in me? Una prostata da massaggiare? Certo, anche un cazzo da succhiare. Sembra che le piaccia, succhiare il cazzo. Ma quanto le piace massaggiare una prostata? Quanto le piace avvertire l’eiaculazione prima con le dita che con la bocca? Le sue dita aumentavano il ritmo, le pressioni contro la mia prostata si facevano più pesanti, più insistenti. La sua bocca andava su e giù lungo il mio cazzo, bollicine di saliva le si erano formate ai lati della bocca, e la sua saliva mi colava lungo lo scroto. L’orgasmo, quando è arrivato, è stato una deflagrazione bianca, accompagnata dai colpi incessanti delle sue dita dentro di me e da contrazioni sconosciute che sentivo tra le viscere: l’orgasmo più forte della mia vita, senza ombra di dubbio. Schizzi violenti di sperma l’avevano colpita ripetutamente in viso, in bocca, sui capelli. Lei raccoglieva lo sperma con le dita e se lo infilava in bocca, ansimando. Lo strizzava dalle ciocche di capelli imbrattate e si leccava le dita, guardandomi negli occhi, le sue dita ancora dentro di me.
“Sei venuto bene, mi sembra”, mi ha sorriso, e io non ho trovato nemmeno la forza di risponderle. Le orecchie mi fischiavano. Avevo le scintille davanti agli occhi. Wow. Cosa non fanno due dita nel culo, gente.

Più tardi, in un bar della zona, bevendo un caffè, Linda ha voluto che le descrivessi il suo sapore, e ascoltata la mia descrizione ha insistito per descrivermi il mio, ed io ho fatto la figura del dilettante che giudica un vino di fronte ad un sommelier professionista. “Il massimo che mi hanno detto in passato è che sa di cantina”, ho commentato io (ed è vero, lo diceva una mia ex).
“Non ho capito una cosa”, le ho detto prima di salutarla, “E perdonami se te la chiedo, ma io sono uno che su queste cose finisce per farcisi delle seghe mentali infinite, devo sapere, è più forte di me”. Lei mi ha fatto segno di continuare.
“Mi hai detto che con Rita il sesso è grandioso. Io stasera con te ho fatto, credo, più o meno quello che può farti Rita, che è dotata di lingua e di dita, esattamente come me”. Sorriso obliquo, e mi fa cenno di andare avanti.
“Quindi perché sei venuta a giocare con me? Senti la mancanza di un pisello da succhiare? O, e perdonami se la butto giù così brutale, ti manca una prostata da strizzare con le dita?”
Lei ha riso. “Stavolta non ci hai preso, Sherlock”.
“Cos’è, allora?”
“Sperma. Il sapore dello sperma, ragazzo mio. E il tuo è ottimo. Posso presentarti un’amica, la prossima volta?”
Rimango sorpreso. Un’amica? “Chi? E perché?”
“La mia amica Rita”, mi ha detto lei alzandosi e prendendo la sua borsa. Quindi mi ha dato un bacio sulla guancia. “Il perché lo scoprirai da solo”.

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